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Nome sistematico | Salvia divinorum Epling & Játiva |
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Nome comune | Salvia divinorum |
Spontanea in | |
Principi attivi | Salvinorina-A |
Parte di pianta utilizzata | Foglie fresche o secche |
Via orale | |
Dosaggio Orale | |
Soglia | 2g (secche) |
Leggero | 2-4g |
Medio | 4-6g |
Forte | 6-9g |
Molto forte | 9 + g |
Durata | |
Totale | 30 - 90 minuti |
Salita | 10-30 minuti |
Picco | 30-60 minuti |
Postumi | altre 2 ore massimo |
DOSAGGIO FUMATA |
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Foglie di Salvia | ¼ grammo – 1 grammo |
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Estratto di Salvia 5x | 0,1 – 0,3 grammi |
Estratto di Salvia 10x | 0,05 – 0,15 grammi |
Estratto di Salvia 15x | 0,03 – 0,1 grammi |
Estratto di Salvia 20x | 0,025 – 0,075 grammi |
Estratto di Salvia 40x | 0,012 – 0,037 grammi |
EFFETTI |
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Psichedelico, dissociativo |
La Salvia divinorum (trad: Salvia dei Veggenti) conosciuta anche come Ska Maria Pastora, è una pianta perenne della famiglia delle Lamiacee con effetti onirici e/o visionari usata dagli indios Mazatec durante le cerimonie medico-magico-divinatorie. La pianta deve la sua psicoattività alla Salvinorina-A, la principale molecola psicotropa che la pianta contiene. È stata resa disponibile alla cultura psichedelica solo nel 1990.
La Salvia non è una droga ricreazionale, viene perlopiù usata da chi desidera esplorare condizioni di profonda meditazione, i regni spirituali, il misticismo, la natura della coscienza e della realtà, o le possibilità di guarigione sciamanica. Le esperienze variano con l’individuo, il set & setting, e secondo la dose e il metodo di assunzione. Come l'alcool e i dissociativi interferisce con la capacità di guidare e produce incoordinazione (atassia).
La Salvinorina-A, è il primo diterpenoide psichedelico conosciuto, infatti la sua molecola non presenta atomi di azoto, a differenza della grande maggioranza degli psichedelici naturali e semi sintetici noti, che sono alcaloidi. (ad eccezione del THC). È un agonista dei recettori κ-oppioidi ed ha affinità per alcuni sottotipi di recettori della dopamina.
E’ un’erbacea perenne, raggiunge i 2 metri di altezza (anche 3 se si contano anche le spighe fiorali) ed è riconoscibile per il suo tipico fusto squadrato con margini alati e per lo stelo vuoto e succulento. Di solito ricade al suolo dopo aver raggiunto una certa altezza , ma ha la proprietà di radicare facilmente, soprattutto in prossimità dei nodi, a contatto del terreno umido. I rami secondari si sviluppano a partire da questi nodi. Le foglie sono opposte, di forma ellittica od ovale, lunghe sino a 25 o 30 centimetri e larghe anche più di 10 cm. , con la superficie della pagina superiore punteggiata da una peluria vellutata, mentre la pagina inferiore è glabra. Salvia divinorum fiorisce producendo infiorescenze a racemo semplice ed eretto quando le giornate diventano corte e continua a fiorire sino ad aprile. Queste infiorescenze sono lunghe 30-40 cm., hanno internodi da 2 a 4 cm e la rachide da irsuta a glabra ; le infiorescenze parziali portano 3 - 6 , massimo 12 fiori. La corolla fiorale è bianca o un po’ tinta di blu a maturità, il calice color lavanda scuro.
Sotto luce naturale, la formazione di racemi inizia qualche settimana (fino a più di un mese) dopo l'equinozio d'autunno.[1][2]
Esperimenti svolti da L. J. Valdés hanno dimostrato che Salvia divinorum è brevidiurna. 11 ore di luce giornaliere inducono la fioritura. Superando 12 ore l'infiorescenza abortisce e la crescita vegetativa riprende.[1]
Un cambiamento netto del fotoperiodo è sufficiente. Non è necessaria una sua diminuzione graduale.[1]
Salvia divinorum è molto sensibile all'inquinamento luminoso durante la fase di buio, anche piccole sorgenti luminose possono impedire la fioritura.[2]
La corolla, con pistillo e stami, cade dopo 3 giorni dalla sua completa apertura, indipendentemente che il fiore sia stato impollinato o meno. Impollinato il fiore, i semi sono maturi in 4 settimane.[2]
Da 14 fiori impollinati manualmente sono stati ottenuti 4 semi.[1] Il 10% delle impollinazioni manuali produce semi.[2]
I semi restano vitali per almeno 2 anni se tenuti in frigo, ma per pochi mesi se a temperatura ambiente.[2] Se i semi sono vitali, germineranno in 2 o 4 settimane.[3]
Sembra, probabilmente, che ska Pastora una volta fosse molto più diffusa di quanto lo è oggi. I cultigeni generalmente hanno storie lunghe, e Salvia divinorum non dovrebbe fare eccezione. Non è chiaro se il declino della pianta sia iniziato con la Conquista Spagnola o se già allora fosse in declino.
La Salvia divinorum è usata come medicina sacra dai guaritori sciamani indigeni che vivono nella montuosa Sierra Madre orientale nell’angolo nordest dello stato messicano di Oaxaca. In Spagnolo, ci si riferisce a questi guaritori specializzati con il termine curanderos; in Mazatec questa gente è chiamata cho-ta-ci-ne (“uno che sa “). La Salvia divinorum è usata soprattutto nelle situazioni in cui i curanderos ritengono sia necessario viaggiare nel mondo soprannaturale, per scoprire la causa della malattia del paziente. È usata in un modo cerimoniale per provocare una condizione di trance visionaria, dentro di cui sia possibile determinare la causa remota della malattia ed imparare che azioni dovrebbero essere intraprese per porre rimedio a tale malattia. Egualmente è usata nei casi di furto o di smarrimento per determinare le circostanze e dove ritrovare degli oggetti mancanti.
La maggior parte dei rapporti descrive l’uso di questa pianta da parte degli sciamani Mazatec e, anche se l’argomento è sfiorato a mala pena nella letteratura antropologica, si afferma che sia usata egualmente dai loro vicini immediatamente attigui, dai Cuicatec e dai Chinatec. Poiché la pianta è propagata molto facilmente, è sorprendente che un’erba così straordinaria sia conosciuta soltanto in una zona geograficamente così limitata. Sembra abbastanza probabile che potrebbe trovarsi anche presso altre tribù vicine grazie allo scambio reciproco e al commercio. Forse il suo uso è ancora celato al mondo esterno da altri gruppi d’indiani messicani indigeni che preferiscono mantenere segreta la pianta sacra .
Dopo aver viaggiato a cavallo nella Sierra Mazateca in cerca della pianta misteriosa, R. Gordon Wasson e il dottor Albert Hofmann videro premiati i loro sforzi l’8 ottobre 1962. Quel giorno, a San José Tenango, un’anziana curandera chiamata Natividad Rosa, che aveva saputo che cercavano quella pianta, portò loro un mazzetto di talee. (Hofmann 1990). Di ritorno negli Stati Uniti, Wasson e Hofmann diedero uno degli esemplari a Carl Epling, un esperto nel genere Salvia. Epling determinò che si trattava di una specie finora sconosciuta. La chiamò Salviadivinorum alla luce del suo uso rituale tra i Mazatec per la divinazione (Epling e Jàtiva 1962).
Nel 1991, l’antropologo Bret Blosser raccolse due esemplari di Salviadivinorum vicino a Municipio de San José Tenango, in Messico. Le talee ottenute da Blosser sono state ampiamente distribuite e sono note come “il clone abboccato” (palatable clone) perché, quando Mr. Blosser ne ingerì le foglie nella Sierra Mazateca le trovò parecchio meno amare di quelle del “clone Wasson” cresciuto localmente. Notiamo una minima differenza nell’amarezza (e nessuna riguardo alla potenza) tra il fogliame del clone Wasson e quello del cosiddetto clone abboccato “palatable”.
Dato che la Salviadivinorum non è mai stata vista produrre semi allo stato selvatico (infatti, perfino nella Sierra Mazateca si sa che esiste solo in aree toccate da esseri umani), e che i rami spezzati o piegati emettono copiose radici dove toccano il suolo, possiamo supporre che il clone Wasson e quello abboccato provengano dallo stesso plasma germinale.
Nella medicina popolare, assunta in piccole quantità (4-5 paia di foglie fresche o essiccate), la Salvia divinorum è stata utilizzata come tonico (per combattere la fatica) e come forma di panacea, vero e proprio medicamento al quale sono state attribuite proprietà magiche. Gli infusi ottenuti invece con quantità più grandi della droga (20-60 paia di foglie fresche) agiscono da allucinogeni.
Gli estratti di Salvia divinorum sembrano possedere anche proprietà antidepressive. Questo effetto presumibilmente trova conferma negli effetti antidepressivi esercitati dagli agonisti selettivi del recettore k per gli oppioidi.
Un’altra potenziale applicazione terapeutica della Salvinorina-A potrebbe riguardare il trattamento di patologie caratterizzate da disturbi della percezione, quali schizofrenia, disturbi bipolari e malattia di Alzheimer.
E' stata fornita una spiegazione scientifica dell’uso tradizionale della pianta nel trattamento della diarrea. La somministrazione di estratti standardizzati di Salvia divinorum nel porcellino d’India provoca a livello dell’ileo un effetto inibitorio sulla trasmissione colinergica enterica. Tale effetto sembra essere legato all’attivazione da parte della Salvinorina-A dei recettori pregiunzionali del colon k per gli oppioidi e CB per i cannabinoidi. Gli agonisti dei recettori oppioidi, infatti, inibiscono il rilascio di acetilcolina da parte dei neuroni del plesso mioenterico ed attenuano così le contrazioni della muscolatura liscia longitudinale.
Tradizionalmente, la Salvia veniva usata per trattare disturbi come artrite, infiammazioni, emicranie e problemi gastrointestinali. Tuttavia, oltre a queste proprietà sfruttate per secoli dalla medicina tradizionale, si sta oggi rivelando una pianta dagli interessanti effetti nel trattamento di alcune forme di tossicodipendenza. Secondo gli usi tradizionali dei Mazatechi, la Salvia è particolarmente efficace nel trattare le dipendenze da cocaina, da bevande alcoliche e da altre sostanze stupefacenti.
I Mazatechi credono che questa pianta sia posseduta da uno spirito femminile in grado di guarire e di mostrare all'organismo la via per combattere le dipendenze, con il fine ultimo di aiutare le persone a slegarsi una volta per tutte dai loro vizi. Secondo alcuni recenti risultati di laboratorio la Salvia sarebbe in grado di alterare i livelli di dopamina nelle aree del cervello responsabili di generare sentimenti di motivazione e sensazioni di ricompensa personale, oltre ad azionare alcune importanti funzioni interne. Queste proprietà, insieme all'apertura mentale e alla natura esplorativa innescate dalla Salvia.
È stato dimostrato che il principale principio psicoattivo della Salvia, la Salvinorina-A, è in grado di agire sui recettori kappa nel nostro organismo che funzionano in combinazione con i recettori della dopamina, creando un equilibrio interno relativamente stabile. Le droghe, come la cocaina, hanno la capacità di accelerare il sistema azionato dalla dopamina, provocando effetti di benessere a chi le consuma. La Salvinorina-A, invece, agisce al contrario, riducendo la quantità di dopamina nel sistema e causando “disforia” (l'opposto dell'euforia). Mentre l'euforia ci rende felici e ci fa sentire in contatto con l'ambiente circostante, la disforia interrompe alcuni di questi passaggi facendoci sentire scollegati da noi stessi e dal mondo che ci circonda e permettendo di vedere le cose con maggiore obiettività, senza essere influenzati dall'emotività.
La Salvia ha la capacità di agire sull'interocezionecioè (la percezione delle informazioni interne del nostro organismo espresse in un dato momento) contribuendo ad allentare le dipendenze che si creano con diversi tipi di droghe.
Gli effetti del fumo differiscono un poco da quelli ottenuti usando il metodo della “cicca” masticata. Nel primo caso si entra in uno Stato non ordinario di coscienza piuttosto repentinamente, nel giro di un minuto (o anche meno) dall’inalazione. Il picco dell’esperienza si manterrà per i primi 10 minuti, sino a decrescere lentamente nei successivi 20 minuti, mezz’ora. In meno di un’ora dall’inizio dell’esperienza solitamente si torna allo stato di coscienza ordinario. Masticando le foglie (dosi costituite da 10/12 grosse foglie fresche sono chiaramente attive per la maggioranza dei “salvianauti”) i primi effetti inizieranno a percepirsi solo dopo un quarto d’ora circa dall’inizio della masticazione, arrivando velocemente a un “plateau” che di solito perdura per circa un’ora, un’ora e mezza al massimo, quindi si “rientra” pian piano.
L’inebriamento a dosi basse comporta apprezzamento estetico e sensuale. Tuttavia, l’ esperienza non è simile a quello della marijuana. A dosi piuttosto elevate si presentano trance visionarie. Le visioni del livello più basso sono costituite principalmente da immagini ad occhi chiusi in qualche modo simili ai fenomeni ipnagogici che molta gente avverte quando cade addormentata. Queste tendono ad essere deboli immagini bidimensionali. Il termine “eye-candy” (delizia per gli occhi) è una descrizione adatta delle interessanti rappresentazioni ad occhi chiusi che non sono confuse con la realtà. A questo livello la comunicazione con gli altri è ancora facile e ci si può muovere, anche se in maniera confusionaria .
Con una dose elevata chiare immagini visive si presentano anche con gli occhi aperti e con gli occhi chiusi si può entrare completamente nel mondo visionario e sembrerà del tutto reale, ma con l’apertura degli occhi si ristabiliranno i contatti con i dintorni. I modelli di discorso possono essere ostacolati e la comunicazione è difficile. A dosi ancora più elevate, si rimane cosciente ma si entra completamente in un regno intimo e si perde ogni contatto con i l'ambiente circostante e con la realtà. In questa condizioni movimenti strani e incontrollati sono frequenti, per questo motivo un/a sitter è necessario. Con un dosaggio molto alto, si presenterà un breve periodo di incoscienza o almeno d’incapacità di ricordarsi dell’esperienza quando si ritorna in condizioni normali.
Certe tematiche presenti in molte delle visioni o sensazioni descritte dai moderni “salvianauti” sembrano essere piuttosto comuni a tutti gli sperimentatori, infatti moltissimi hanno affermato di aver provato quanto segue:
Durante l’effetto di Salvia la tendenza dello sperimentatore è quella di restare disteso e calmo, seguendo le proprie individuali visioni interiori o come se si stesse vivendo un sogno lucido; forse anche per questo molti sperimentatori hanno suggerito che l’esperienza venga definita “oneirogena” piuttosto che psichedelica “tout-court”. Sperimentando con salvinorin-A puro ad alte dosi, però (oppure quando la persona è nuova alla sostanza) si raccomanda di avere accanto una persona sobria e tranquilla, pronta ad intervenire se necessario (la presenza di qualcuno che vigila, sobrio, è prevista anche tra i Mazatechi). I “rischi” non sono tanto di ordine “psicologico”- oltretutto l’effetto è di breve durata e non lascia strascichi successivi all’esperienza- quanto di ordine “fisico”: si potrebbe camminare senza rendersi conto della presenza degli ostacoli o dei limiti architettonici (muri, finestre aperte), con il conseguente rischio di cadere e di ferirsi, si potrebbe incorrere in strane tentazioni, come quella di toccare le fiamme vive.
Sembra molto difficile poter incappare in sovradosaggi potenzialmente letali, men che meno se si utilizzano le foglie semplici non arricchite con salvinorin-A; sinora non si è a conoscenza di alcun caso letale, anche dopo l’assunzione accidentale di forti dosi di salvinorin-A. I “salvianauti” hanno stilato una specie di scala di valutazione degli effetti in ordine crescente, articolata in 6 punti e basata sulla parola Salvia quale aiuto mnemonico per questo scopo; il primo punto , il livello più basso, corrisponde a S, il secondo ad A e così via.
È talvolta utilizzata la seguente scala S.A.L.V.I.A.
In dose elevati il consumatore può alzarsi in piedi, muoversi intorno alla stanza , cadere, balbettare assurdità incomprensibili, sbattere la testa nelle pareti. Quando l'esperienza finisce non si serba alcun ricordo di tutto ciò. Per l’osservatore esterno chi si ritrova in questa condizione mostra uno sguardo assente impresso negli occhi, come se nessuno fosse presente. Ad alte dosi si può perdere completamente la consapevolezza ed il controllo del corpo fisico.
Quando si vaporizza alcune persone non trattengono il vapore nei polmoni abbastanza a lungo per avere un assorbimento completo. Parecchie persone, dopo avere provato una dose nella gamma presentata come sicura e non avere ottenuto alcun effetto assumono dosi sempre maggiori di sostanza mentrein effetti il problema èil non aver vaporizzato efficacemente il materiale la prima volta.
È egualmente importante capire che non ci sono stati studi tossicologici di questo composto eseguiti sugli esseri umani. È vero che i Mazatechi hanno usato la pianta per un tempo molto lungo e non sembra che abbiano problemi, ma quando viene usato il composto puro sembrerebbe una cosa facile consumare dosi centinaia di volte più grandi di quanto abbiano mai fatto i Mazatechi.
Salvinorin-A non è soltanto chimicamente differente da altri allucinogeni (è un di terpene, non un alcaloide) ma anche i suoi effetti sono abbastanza differenti. Molta gente considera gli effetti meno trattabili e più difficili da gestire che con altri enteogeni. La maggior parte delle persone che ha avuto un'esperienza intensa con salvinorin-A è riluttante a ripeterla ancora. Chiunque scegliesse di sperimentare con questo composto dovrebbe sempre avere un attento, lucido sitter presente che impedisca loro di farsi del male o di causare danni agli altri. La Salvia divinorum come erba può essere usata abbastanza sicuramente e molta gente sostiene di averne tratto un beneficio.
La Salvia divinorum non induce dipendenza fisica né tolleranza si può estendere l’esperienza semplicemente fumandone ancora quando l’effetto inizia a svanire. Al contrario gran parte dei consumatori riferisce un aumento di sensibilità agli effetti della pianta dopo più assunzioni, descrivendo una sorta di “tolleranza inversa”. Si può anche facilitare l’entrata nell’esperienza iniziando con una piccola dose e facendola seguire immediatamente con una dose di rinforzo
Il popolo dei Mazatechi usavano diversi metodi di assunzione della pianta. Il più curioso è la tecnica di sfregamento delle foglie in acqua usata tuttora nella preparazione di infusi di Tagetes lucida (yauthli in lingua Nahuatl) pianta tuttora adoperata come enteogeno dagli Huicholes e dai Mixe. Altri metodi sono il pestaggio mediante il tradizionale metate (la pietra usata per preparare la farina di mais) e anche la pratica in uso nel Llano de Arnica, dove le foglie vengono sistemate una sull’altra - la pagina superiore di una a contatto con la pagina superiore dell’altra foglia per costituire il tradizionale paio; la pila viene infine arrotolata sino a formare una sorta di sigaro ed è pronta per il consumo (Blosser 1991-93). Nella società moderna i metodi di assunzione sono:
Fumare le foglie di Salvia suscita, nei Mazatechi, tutto il loro sdegno e disapprovazione, in quanto lo considerano un atto assolutamente irrispettoso nei confronti della sacra pianta.
Le foglie essiccate mantengono quasi del tutto la loro potenzialità psicoattiva anche in prospettiva di un uso orale, dopo essere state reidratate e arrotolate per essere masticate come “quid”. Salvinorin-A è insolubile in acqua e il gusto delle foglie secche è un po’ meno amaro delle foglie fresche. Una discreta percentuale di persone (dal 10 al 50%), sembra curiosamente refrattaria all’effetto delle foglie fumate. Bisogna sottolineare altresì che, a causa dell’alto punto di fusione di salvinorin-A (attorno ai 240°C), la tecnica per fumare queste foglie è piuttosto differente da quella usata dai fumatori di hashish; sempre per gli stessi motivi è difficile ottenere apprezzabili effetti fumando foglie di ska Maria arrotolate in cartine, mentre è molto più agevole l’utilizzo di pipe o pipe ad acqua - a condizione che abbiano un cannello corto - e “bongs”.
Diversamente dal consumo moderno nei rituali dei curanderos le foglie sono sempre usate fresche e sono consumate oralmente masticando le foglie o bevendo un’infusione acquosa delle foglie spremute. A volte è dato al paziente, a volte è presa dal curandero e a volte entrambi la prendono insieme.
TABELLA DOSAGGIO ESTRATTI:
ESTRATTO DI SALVIA 5X: | 0,1 – 0,3 grammi |
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ESTRATTO DI SALVIA 10X: | 0,05 – 0,15 grammi |
ESTRATTO DI SALVIA 15X: | 0,03 – 0,1 grammi |
ESTRATTO DI SALVIA 20X: | 0,025 – 0,075 grammi |
ESTRATTO DI SALVIA 40X: | 0,012 – 0,037 grammi |
Per un articolo più approfondito sulla coltivazione vai su Coltivazione di Salvia divinorum
Uno tra i molti misteri della Salviadivinorum è che rarissimamente produce semi. Si può quindi coltivare la Salvia divinorum partendo da una talea di qualcuno che già possiede la pianta.
La prima cosa da fare per ottenere una talea da un frammento di ramo è orientarlo correttamente dall’alto in basso. Se si ha un frammento della cima, o se ci sono foglie o germogli l’orientamento è evidente siccome le foglie e i germogli crescono verso l’alto. Tuttavia, essendo la Salviadivinorum una pianta molto sensibile, non è raro che una talea lasci cadere foglie e germogli. Un altro modo è prendere semplicemente una talea ottenuta dalla parte mediana dello stelo che contenga almeno un nodo e rimuovetene tutte le foglie grandi, appoggiarlo orizzontalmente su terriccio ricco e bagnato e porre il tutto in una camera umida. Lo stelo formerà radici per tutta la sua lunghezza ed emetterà due nuovi getti per ogni nodo.
Far radicare e crescere una Salviadivinorum è molto più facile se si. A meno che non viviate in un ambiente naturalmente umido si può preparare una camera umida per ospitare la fragile talea mentre produce le radici o far crescere le radici in acqua che è il sistema più comunemente usato ed efficace. La temperaturaideale è attorno ai 21°C e la camera deve ricevere una buona illuminazione ma non il sole diretto. L’umidità dovrà avvicinarsi al 100%.
Una voltache la vostra talea abbia emessole radici nell’acqua, il prossimo passosarà piantarlanel suo primo vasodi terra. Prendeteneuno abbastanzaalto da copriredi terra tutte le radici appena formate. Deve avereun drenaggio sufficiente: diversi buchitutto intorno allabase sono megliodi uno solo al centro. Si consiglia, prima di invasare la talea, di preparare un ambiente più grande ad umidità controllata, chiamata “tenda umida” ma con un po di cura ed attenzione è possibile far crescere la S. divinorum anche al di fuori di un ambiente a umidità controllata.
Nell’ambiente naturale della Sierra Mazateca, la temperatura più alta è di 26°C e di solito la media è situata tra i 16 e i 21°C. La divinorum cresce al meglio in un clima relativamente fresco e temperato. Sopra i 29°C, una pianta che non sia ben acclimatata o che sia fuori dalla tenda umida mostrerà ben presto segni di avvizzimento. Se la temperatura scende verso il gelo, la pianta muore molto in fretta, appassendo e innerendo nel giro si una notte. È consigliabile quindi spostare la pianta all’interno o in una serra riscaldata durante i mesi più freddi. La cosa migliore da fare, se una vostra pianta dovesse restare vittima di una gelata inattesa, è di tagliarla a circa 26 cm dal terreno e sperare che la massa di radici sia sopravvissuta.
La Salvia divinorum sta meglio nella luce indiretta del sole però, una volta acclimatata, gli fa benissimo ricevere un po’ di sole diretto ogni giorno. Una pianta che ne riceva troppo, comincerà a produrre foglie più piccole, ruvide e deformi.
La Salvia divinorum può essere coltivata col metodo idroponico. Sebbene questo tipo di coltivazione richieda attenzioni extra le cure in più sono ricompensate dagli eccellenti risultati.
La Salvia divinorum è una pianta illegale in ogni sua parte (Tabella ministeriale I) così come i suoi principi attivi.
Non sono noti test di routine per il rilevamento del principio attivo in nessuna parte del corpo.
2015/12/24 16:06 | Aryaman | esperienze, salvia divinorum | |
2019/09/29 20:54 | acquaesale | esperienze, salvia divinorum | |
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